Che cosa vuol dire essere cristiano nel tempo della Pasqua
Pubblicato su "Cultura commestibile" il 30 marzo 2013
“Ma perché- si è chiesto, con un’osservazione elogiativa e stupefatta, il teologo valdese Paolo Ricca, durante la presentazione dell’ultimo volume di “Testimonianze” presso la Libreria Claudiana di Firenze - una rivista centrata sui problemi della ‘ polis’ si è occupata di un tema apparentemente inattuale?”. Il tema è quello delle Immagini della Resurrezione per gli uomini e le donne degli anni duemila. Una questione, quella della Resurrezione, di cui è evidente non solo la centralità nella fede cristiana, ma che ha avuto ed ha una grande rilevanza in ambito artistico, letterario e storico-filosofico. E’ la sottolineatura operata da Sergio Givone in un’ intervista rilasciata a chi scrive, commentando i lavori artistici di Dürer, di Piero Della Francesca e di una certa iconografia russa. Non è la prima volta che “Testimonianze” si occupa di temi analoghi a quello sviluppato nel suo ultimo volume. Qualche anno fa è uscito un fascicolo su I temi ultimi nella culture umane seguito da un altro dedicato a Sofferenza, ricerca di senso, solidarietà umana. Questioni “controcorrente” in un tempo in cui il piatto “materialismo pratico” del dominio delle cose ha preso il posto delle stesse filosofie materialistiche (che proponevano comunque una visione del mondo ed una lettura culturale della realtà). Questioni, comunque, di grande rilevanza. Pare confermarlo un aneddoto raccontatomi dall’amico Lodovico Grassi ( fondatore, insieme a padre Balducci, di “Testimonianze”) a proposito del “sindaco santo” di Firenze Giorgio La Pira. Che, in visita a Budapest, nei tempi del “socialismo reale”, ebbe occasione di incontrare György Lukács. Per rendersi interessante di fronte al filosofo marxista, La Pira parlava di temi sociali, annoiando l’ interlocutore. Finché, tornando ad un linguaggio che gli era più congeniale, non ebbe occasione di chiedersi: “ E se Cristo fosse davvero risorto?”. Al che Lukács, sobbalzando, esclamò: “Ecco un tema che mi interessa!”. Ma che cos’è la Resurrezione? Certamente, un’imprescindibile questione teologica. “ Se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra speranza”, dice S. Paolo. Per i cristiani, è, dunque, un evento. Anzi, senza quell’evento il cristianesimo non esisterebbe ( scrivono Armido Rizzi, Lodovico Grassi e lo stesso Ricca). Ma la Resurrezione è anche una grande metafora del riscatto sociale. C’è sempre bisogno di risorgere (soprattutto in tempi di crisi, attraversati talora da autentici segni di morte come quelli attuali). Si può risorgere nel martirio, insieme al proprio popolo, come ricorda Andrea Bigalli in un articolo dedicato al vescovo salvadoregno Oscar Romero, ucciso dagli “squadroni della morte”. O si possono piantare semi di Resurrezione, rileva Bruno D’Avanzo, come faceva il biblista Don Luigi Rosadoni, che spalava, insieme ai propri concittadini, il fango dell’alluvione che sembrava voler sommergere Firenze. Ma la Resurrezione può essere faticosamente ricercata da ciascuno nelle miserie della quotidianità. Lo ricordano Mauro Sbordoni ed Eraldo Affinati. Che raccontano di persone passate attraverso il tunnel della droga, riemerse dalla buio del carcere o dalla solitudine e con cui devono fare i conti i migranti appena giunti nel nostro Paese. C’è. dopotutto, speranza come sembrano testimoniare segni di grande impatto simbolico come quello di papa Francesco che ha fatto il suo Giovedì Santo lavando i piedi ai carcerati. Un gesto capace di parlare a credenti e non credenti e potremmo dire (parafrasando Pierluigi Onorato) di Annunciare la Pasqua nel tempo nella laicità. Naturalmente (tornando al punto da cui questa riflessione è partita), accanto ai temi “penultimi” di carattere storico, è di fronte ai “temi ultimi” del senso dell’esistenza che gli esseri umani, indipendentemente dalle appartenenze culturali e religiose, sono chiamati a confrontarsi. Si nasce soli e (come cantava De André) “quando si muore, si muore soli”. Il senso della Resurrezione e il fondamento del cristianesimo rimandano ad una speranza che va oltre le soglia della morte. Il grande Pascal sosteneva che il “cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”. Per i credenti, è la promessa di una dimensione trascendente posta oltre i limiti del tempo. Per tutti, credenti e non credenti, come ricorda il volume di “Testimonianze” singolarmente uscito proprio nel tempo della Pasqua, vale il richiamo di una prospettiva che invita, contro le logiche della sopraffazione e della morte, ad un comune cammino di rinascita nelle contraddizioni della vita e nella “polvere della storia”.
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