Le risposte cristiane alle domande del comunismo
Pubblicato sul "Corriere Fiorentino" il 10 novembre 2017
Si è molto parlato del centesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre. Tra i tanti aspetti che possono essere ripensati del percorso che a partire da tale spartiacque ha preso avvio, c’è quello del rapporto fra comunismo e dimensione religiosa. Secondo Lenin non poteva esistere un «socialismo cristiano» e non si può essere, insieme, cristiani e socialisti. Per Palmiro Togliatti, invece, anche una “sofferta fede” religiosa avrebbe potuto favorire impegno sociale e premura per la pace. Negli anni sessanta e settanta, i fenomeni di ibridazione sarebbero stati, del resto, assai numerosi. Mario Gozzini avrebbe curato un libro-simbolo dal titolo: Il dialogo alla prova. Firenze è stata, in questo senso, un autentico terreno di sperimentazione. Esperienze (da non ricondurre schematicamente sotto l’etichetta del «cattocomunismo») come quelle di Giorgio La Pira, dello stesso don Lorenzo Milani, di Ernesto Balducci e, in termini più radicali, di don Enzo Mazzi acquistano un senso all’interno di questo quadro di riferimento e nel confronto con il fior fiore dell’intellettualità marxista (Ernesto Ragionieri, Cesare Luporini…). Da qui, l’immagine di una città in cui invece che erigere barriere si costruivano ponti. Questo è un patrimonio che rimane. Con un’incongruenza che è possibile oggi rilevare criticamente. Come si è cercato di fare anche nel colloquio tra Sergio Givone e chi scrive, nel volume di «Testimonianze» dedicato a Balducci, Turoldo, Milani, preti «di frontiera». La componente più autentica dell’umanesimo cristiano postulava, più o meno espressamente, una «riforma» del comunismo che storicamente non si è verificata (e che, forse, era impossibile). Significativa la bellissima lettera di don Milani al comunista Pipetta. In cui si avverte il compagno di viaggio che il giorno in cui insieme avranno sfondato la cancellata del ricco, le loro strade si sarebbero divise. «Quel giorno io ti tradirò». Perché la coscienza del cristiano si riserva uno spazio di libertà anche verso un potere che pretenda di parlare in nome del popolo. Che cosa se non una riforma del sistema del «socialismo sovietico» reclama, del resto, Giorgio La Pira, che, in visita a Mosca (v. Vittorio Citterich, Un santo al Cremlino), chiede a Kruscev di «sotterrare il cadavere dell’ateismo di stato»? Le cose sarebbero andate ben diversamente. Kruscev fu destituito e i diversi tentativi di riforma del sistema sarebbero abortiti o sarebbero stati soffocati. Finché, dopo il colpo di mano polacco del generale Jaruzelski, anche Enrico Berlinguer dichiarò esaurita la «spinta propulsiva» dell’Ottobre. Ma le speranze erano dure a morire, anche in quelle porzioni del mondo cristiano che pensavano di aver intravisto nella storia inaugurata nel 1917 la promessa di un mondo nuovo. Ernesto Balducci guardò con interesse anche all’estremo tentativo riformatore di Mikhail Gorbaciov. Quando il Muro crollò, scrisse, però, riflessioni importanti sulla lunga marcia dei diritti umani. Ma disse anche che, dopo il crollo del Muro della contrapposizione fra Est e Ovest, ora andava abbattuto il «muro maestro» della divisione fra Nord e Sud del pianeta. Un po’ la stessa valutazione del «laico» Norberto Bobbio secondo il quale, ora che l’avversario storico della democrazia (il comunismo) non c’è più, bisogna farsi carico della soluzione dei problemi per rispondere ai quali il comunismo era nato. Conclusioni convergenti su cui, ad un secolo dal 1917 e nel pieno delle contraddizioni della realtà contemporanea, tornare a riflettere in vista di un mondo in cui non ci sia più spazio per la divisione fra giustizia e libertà.
Severino Saccardi
|