I terroristi non difendono gli �ultimi�
Pubblicato sul "Corriere Fiorentino" il 25 novembre 2015
Il mondo, dopo Parigi, segue, con il fiato sospeso, l’evolversi degli eventi. Da noi, casualmente, questo coincide con l’avvio della Festa della Toscana. Una ricorrenza che vuole fare memoria di un primato (nel lontano 1786) in relazione ai principi di umanità e tolleranza, con l’abolizione di tortura e pena di morte. Una storia da rivivere in chiave di attualizzazione se si pensa a quanto estesa è l’area dei paesi in cui un programma come quello leopoldino rappresenta ancora un’utopia. Sul momento particolare in cui cade la Festa della Toscana (di cui si parlerà nella serata-evento alla sede di “Testimonianze”, il 30 Novembre, alle 17,30), è opportuna qualche riflessione. La coincidenza è casuale, ma carica di significato. E’ proprio il patrimonio di tolleranza e spirito critico (che, in queste giornate, in Toscana, vogliamo sottolineare) che il terrorismo “globale” vuole sradicare. Come si combatte il terrore? Certo, con il coordinamento delle politiche di sicurezza, forse (ma su questo–opportunamente- c’è discussione) con l’opzione militare, sicuramente rafforzando coloro ( i curdi) che contro il fondamentalismo armato combattono e mettendo fine alle ipocrisie di chi con la mano destra sembra lottare contro il terrorismo mentre con la mano sinistra lo foraggia. Ma c’è anche una battaglia culturale da combattere. Contro le posizioni equivoche che offuscano le menti. Come quelle di chi finisce per relativizzare, contestualizzare e attutire le responsabilità del terrorismo, vedendolo come portatore delle istanze (sia pure distorte dall’uso inaccettabile della violenza) degli “ultimi” della Terra e del mondo musulmano calpestato. O come chi fa intendere che esso sarebbe solo il meccanico prodotto delle prevaricazioni (pure innegabili ed enormi) prodotte dalle politiche dell’Occidente. In realtà, non ha torto probabilmente chi ricorda che sul terrorismo (senza far differenza, in questo, tra fenomeni diversissimi, come il terrorismo e lo stragismo degli “anni di piombo” e il terrorismo jhiadista) aveva già detto tutto Dostoevskij, sottolineandone il tratto nihilistico e il disprezzo per la vita umana considerata come una “variabile indipendente”. Se la democrazia è il bersaglio del terrorismo, da tale minaccia mortale essa ha il dovere di difendersi. Centrale diviene il “tema sicurezza”. Su questo, c’è una riflessione urgente da fare. Non si può “regalare” la questione sicurezza alla propaganda populista e xenofoba. Cultura dei diritti, accoglienza e tutela della sicurezza vanno insieme. Anche perché, senza tutela della sicurezza, è la democrazia medesima che crolla. D’altra parte, un alt va posto alle posizioni di chi va ripetendo che è in atto uno scontro di civiltà o una sorta di “guerra di religione”. Non c’è conflitto di civiltà. Il conflitto è tra democrazia e terrorismo. Se così è, il tema è quello di una coalizione più ampia possibile fra tutte le persone libere e pacifiche (di fede cristiana, ebraica, islamica o di impostazione agnostica o ateistica) contro il comune nemico. Proprio per diradare tale equivoco corre l’obbligo, come ha ripetuto il sindaco Dario Nardella, agli esponenti delle comunità islamiche (come ha fatto l’imam di Firenze) di ribadire, pubblicamente, l’incompatibilità della violenza omicida con il dettato di Dio “clemente e misericordioso”. E’ una battaglia in cui ognuno ha da fare la propria parte. La comunità toscana, nella sua composizione pluralistica, è anche delle sue tradizioni di tolleranza e di libertà che può farsi forte per diradare le nubi che sembrano oscurare la prospettiva del futuro.
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