Le riviste di cultura, e non solo, nell'eta' della tecnologia
"Corriere Fiorentino", 16 Novembre 2010
La lettura del giornale come “preghiera laica” dell’uomo moderno. Così il grande Hegel. Ma i giornali sono in crisi. L’ultima notizia ha del clamoroso: l’assorbimento del prestigioso settimanale “Newsweek” da parte del Blog “The daily Beast”. La forza dei nuovi media, il potere della pubblicità, la precarizzazione del lavoro, le intrusioni degli interessi economico-politici: sono ingredienti del cocktail di elementi che definiscono il rapporto fra crisi del giornalismo e nuove frontiere dell’informazione. Andiamo “verso un mondo senza giornali”? E’ a questa domanda che, nell’ultimo volume della rivista “Testimonianze”, cercano di rispondere voci, e penne, autorevoli (Ermini, Mascambruno, Fabris, Veltroni, Caretti, Meucci…..), con una notevole varietà di punti di vista. La questione non è di poco conto. E’ in gioco non solamente la sopravvivenza o meno del giornale “cartaceo”. I giornali più attrezzati si stanno, del resto, già muovendo in una dimensione in cui la versione a stampa interagisce con spazi e strumenti (internet, tablet, ipad..) della nuova multimedialità. La tecnologia incalza, offre opportunità e pone sfide. Ma il problema di fondo, una volta di più, non è di carattere tecnico, ma politico-culturale. E’ quanto vuole sottolineare anche il Convegno di questa mattina in Palazzo Vecchio su “Le riviste di cultura e il loro ruolo nel XXI secolo” (Salone Cinquecento, ore 11, con A. Prosperi, C. Bernardini, F. Petretti, N. Maraschio, A. Fontana, B. Casalini, V. Spini). Un capitolo a parte, quello delle riviste, rispetto a quotidiani o settimanali, si dirà. Ma il nodo di fondo è sempre quello: nel tempo della comunicazione globale, il flusso frastornante di notizie e di immagini “in tempo reale” quale spazio lascia per l’analisi critica della realtà? E’ solo alle dinamiche “spontanee” del mercato ed all’“anarchica” forza suggestiva della nuova tecnologia comunicativa che può essere delegata la ridefinizione del ruolo del “quarto potere”? E’ pericolosamente sbrigativo pensare che quotidiani, periodici e riviste (che operano certamente in ambiti fra loro diversi) facciano comunemente parte di un armamentario da consegnare alla memoria. Considerazione che vale, si conclude talora, soprattutto per le riviste. Esperienze “novecentesche” per eccellenza. Considerazione non supportata dai fatti. Di riviste di cultura, di carattere locale, regionale o nazionale in Toscana ce ne sono ancora almeno 250. Un reticolo a cui forniscono alimento il volontariato, l’associazionismo e la piccola editoria, componenti importanti della “cultura diffusa” della nostra regione. Realtà residuali, destinate ad estinguersi o non piuttosto esperienze in cui si connettono la tutela della memoria e l’interrogazione vigile sul futuro? Nel nuovo Testo unico della cultura approvato dal Consiglio regionale alla fine della scorsa legislatura, che prevede per le riviste forme di sostegno in un’ottica non assistenziale, il tema è posto. Al nuovo assessorato il compito di definire, in merito, regolamento e norme attuative. Un passaggio non scontato, in tempi di crisi e di scarsità di risorse. E se fosse proprio il tempo della crisi quello in cui vale la pena di scommettere sulla cultura e di investire nella parola scritta?
Severino Saccardi |