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L'Ottantanove mediterraneo
dal "Corriere Fiorentino", 22 febbraio

Ci sono impreviste accelerazioni nello scorrere degli eventi umani che mutano la cronaca in storia. Come, oggi, nella sponda Sud del Mediterraneo ed in un’area che va dai Paesi del Golfo al Maghreb. Dove soffia il vento di un inedito protagonismo dei popoli del mondo islamico. Popoli che stanno vivendo il loro Ottantanove. Anche gli avvenimenti che portarono alla caduta del Muro (le cui immagini sanno, oggi, di “già visto”) furono dirompenti e improvvisi. Era evidente la crisi del “socialismo reale” e Gorbaciov ne tentava un’improbabile riforma. Ma era opinione condivisa che l’“ordine di Yalta” sarebbe durato ancora decenni. E le diplomazie occidentali avevano come interlocutori  i regimi “socialisti”, non certo  i movimenti della società civile dell’Est.
Anche ai nostri giorni, Mubarak e Ben Ali sono stati considerati fino all’ultimo come riferimenti indiscutibili per garantire stabilità e “moderazione”. Ed è con sconcertante afasia che il nostro mondo politico si va rapportando alle convulsioni della Libia. Esprimendo, al più, caute perorazioni al regime perché “apra alle riforme”.
Quale direzione prenderanno i cambiamenti in atto?  Si imporranno i militari ? Saranno gli islamisti a dare una torsione autoritaria ai nuovi assetti di potere? O, anche se all’insegna della specificità culturale di quel variegato mondo, si affermeranno percorsi democratici? Sospendere il giudizio è d’obbligo.
Certo è che (come nell’ 89) il tema dei diritti umani è stato il motore della trasformazione. I giovani della sponda Sud hanno usato i messaggi della “rete”, sono scesi in piazza e hanno dato la vita perché spinti dai problemi sociali: costi dei beni di prima necessità, mancanza di prospettive, sperequazioni del “mondo globale”. Ma alla base sembra esservi, soprattutto, un insopprimibile bisogno di libertà. Una dimensione di cui si avverte il carattere vitale, quando se ne è privati.
Sono in ebollizione i paesi nordafricani e l’Iran. Qualche giorno fa, in Piazza Ss. Annunziata, gli iraniani di Firenze si sono riuniti in contemporanea con la grande manifestazione di Teheran. E’ tempo che Firenze e la Toscana, luoghi-simbolo della cultura della pace e dei diritti, trovino il modo per far sentire la loro vicinanza a popoli che, diversità culturali a parte, si sono alzati in piedi a partire da istanze che sono a fondamento della nostra stessa vita civile e che fatichiamo a riconoscere.

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