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Uomini e donne del "sacro" negli anni duemila
Pubblicato su "stamptoscana.it" il 18 novembre 2011

Diceva il «sindaco santo» Giorgio La Pira che l’essenza di una città è data dalla presenza della fabbrica per lavorare, della casa per abitare e della chiesa per pregare. Un’immagine di forte suggestione simbolica.

Ma, per quel che riguarda la dimensione religiosa, oggi, accanto alla chiesa della maggioritaria confessione cattolica e agli edifici di culto delle nostre storiche minoranze religiose (i protestanti e gli ebrei)  ci sono nuove realtà da registrare. Le sale di preghiera, o le moschee, delle comunità islamiche o i luoghi di meditazione dei buddisti e di altre religioni orientali (come gli induisti). Presenze minoritarie, certo, ma che segnalano il bisogno di un’attenzione e di un dialogo  da attivare.
E’ a partire da questa nuova realtà che si svolgerà il confronto fra Don Andrea Bigalli, l’imam di Firenze Elzir Izzedin, il filosofo Luigi Lombardi Vallauri, la docente di filosofia Luciana Floris e chi scrive nell’ ambito del «Filosofestival» 2011 (Sala delle Leopoldine, Piazza Tasso, Firenze-18 Novembre, alle ore 17). Un incontro dedicato agli «Uomini e donne del “sacro” nella società secolare». E’ il titolo dell’ultimo volume della rivista «Testimonianze», ai contenuti del quale farà riferimento l’incontro.
Vi si raccontano esperienze e si registrano punti di vista di esponenti di diverse realtà confessionali e culturali.   Comune è il richiamo al valore di una dimensione che conferisce solennità  ai passaggi fondamentali dell’esistenza e li sottolinea con i linguaggi del rito. In un’epoca che pare caratterizzata dall’ incapacità di nominare i grandi temi esistenziali, il bisogno di spiritualità non è meno, ma più profondo. C’è un’ inattesa di nostalgia dell’eterno nell’uomo contemporaneo, apparentemente votato all’effimero. Così è in mezzo alle luci scintillanti della società del benessere (sempre più segnata da una crisi di carattere antropologico oltre che di tipo economico). Così è nei luoghi della solitudine. Nelle carceri, negli ospizi, negli ospedali,  nei dormitori dei migranti. Luoghi caratterizzati dalle presenze dolenti di esseri umani provenienti da realtà religiose e culturali diverse che in comune hanno il bisogno di parole di speranza.  Situazioni  in cui a dar conforto può essere non solo la figura del prete, del rabbino o del pastore protestante, ma anche quella dell’imam, o del religioso e del  monaco legati alle religioni dell’oriente.  Porre la questione all’ordine del giorno (in istituzioni come quelle carcerarie o sanitarie) non è una bizzarria: è la presa d’ atto del cambiamento della nostra società.
Ogni riflessione va, dunque, rapportata a quel che di radicalmente nuovo nella società, e all’interno delle differenti comunità religiose, va maturando.
La novità più rilevante è, forse, quella del nuovo protagonismo femminile. Un protagonismo che cerca modalità di espressione anche in un ambito (come quello di cui ci stiamo qui occupando) gestito e interpretato tradizionalmente dall’uomo e da  questo raccontato e interpretato.
Con il tema del «sacro» e del «santo» le donne hanno avuto, in realtà, sempre molto a che vedere. E’ un riferimento che vale per le donne comuni come per gli esempi delle grandi mistiche, sante e pensatrici. Come Teresa d’Avila,  Caterina da Siena, Margherita Porete. O, in tempi a noi più prossimi,  come Simone Weil o Edith Stein. Figure la cui profonda spiritualità ed umanità assumono una forza simbolica profonda, generalmente riconosciuta da credenti e da non credenti.
Ma, al di là dell’eccezionalità di tali  riferimenti, sembrano annunciarsi ormai, pur fra mille difficoltà, un tempo inedito ed un cambiamento di mentalità  che ridefiniscono il rapporto donna-religione. Le donne non sono più solo monache, religiose o teologhe. In ambito protestante (sia pure in un contesto volutamente non «sacerdotale») le donne- pastore celebrano e leggono la Parola rivelata alla comunità. Le resistenze rispetto a tale novità sono di non poco conto. Comunque, il tema della volontà femminile di essere partecipe non più per interposta persona  della dimensione religiosa in ambito comunitario è posto.  Spetterà ora alle diverse confessioni religiose fornire una risposta  La strada  è lastricata di difficoltà (evidenti in ambito cattolico, dove pure al valore del «genio femminile» vi sono stati importantissimi richiami), ma è delineata. Quel che avviene in ambito ecclesiale e religioso ha, certamente, un suo segno specifico che sarebbe semplicistico ricondurre al più ampio sommovimento che sta avvenendo a livello sociale e culturale. Ma collegamenti fra fenomeni consimili sono evidenti. Le donne di fede guardano il mondo e imparano dal mondo.Lo scrutano con interesse e cercano di intenderne i segni. I temi della democrazia, della pari dignità e delle pari opportunità sono contagiosi e pervasivi..
Gli uomini e le donne di fede (delle diverse fedi religiose) possono, in questo senso, fornire un contributo specifico alla ricerca che tutti, credenti e non credenti, ci coinvolge ed alla strada che, nel comune riferimento alla laicità, abbiamo insieme da percorrere.

Severino Saccardi

articolo pubblicato su stamptoscana

Nell'immagine: Chiesa di San Procolo, Firenze

 

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