In viaggio con Giorgio Napolitano
Pubblicato sul "Corriere Fiorentino" il 20 giugno
Ricordo, per associazione di idee, un intervento di Giorgio Napolitano (non ancora presidente) , alcuni anni fa, a Firenze. Una commemorazione di Franco Calamandrei ( giornalista e parlamentare comunista, figlio di Piero). Napolitano seppe intrecciare riferimenti storici, biografia e considerazioni etiche, con parole che recavano il timbro di un’alta scuola di formazione politica. L’incontro si tenne presso l’auditorium del Consiglio Regionale. La stessa sede in cui si parlerà, oggi, del libro che a Napolitano ha dedicato Paolo Franchi (Giorgio Napolitano. La Traversata da Botteghe Oscure al Quirinale, ed. Rizzoli). Anche il libro di Paolo Franchi fa interagire, in modo brillante, ricostruzione storica, memoria e riflessione critica sull’ attualità, delineando l’affresco della “traversata” del navigatore di lungo corso che siede (per la seconda volta) al Quirinale. Il presidente che, in occasione del 150° dell’Unità nazionale avrebbe saputo parlare alle diverse anime del “Mosaico Italia”, nel lontano 1944, è un giovane, nato in una colta famiglia liberale che, in una Napoli segnata dalle piaghe della guerra, decide di aderire al “partito nuovo” di Togliatti. Condividendone, poi, in ruoli di crescente responsabilità, lotte, intuizioni, contraddizioni storiche. A partire dalla questione-cardine del rapporto (il “legame di ferro”) con l’Unione Sovietica. Franchi racconta , passo dopo passo, il faticoso cammino del Pci in direzione di un distacco definitivo dalla storica “patria del socialismo”, che fatica ad arrivare. E, in questo ambito, ricostruisce, con partecipazione, lo specifico percorso di Giorgio Napolitano. Al quale, in occasione dell’Ottavo Congresso, dopo gli avvenimenti del “terribile Cinquantasei”, era stata affidata la replica ad Antonio Giolitti, che apertamente aveva criticato la posizione del partito (“schierato da una parte della barricata” ed a favore dell’intervento sovietico)sulla repressione della rivoluzione ungherese. Una rivoluzione che a lungo si eviterà riconoscere come tale, facendo genericamente e pudicamente riferimento ai “fatti di Ungheria”. Anni più tardi sarà Napolitano a scusarsi personalmente con l’amico Giolitti, dicendo che “aveva ragione lui”. E’ Poliedrica e sfaccettata, per più versi, la vicenda di Giorgio Napolitano. E’ allievo del dirigente di radici operaie Salvatori Cacciapuoti e diviene uno dei più convinti sostenitori del grande leader della «destra comunista», Giorgio Amendola. Ma lo stile battagliero di Amendola non gli è consono. E’ all’insegna dell’accortezza tattica che Napolitano cerca di spostare gli equilibri nel partito. Pur non rifuggendo da imprevedibili affondi. Come quando, dopo la fine della politica di solidarietà nazionale, dissente apertamente dall’ amatissimo (dalla base) Enrico Berlinguer. La cui “indeterminata” politica dell’ “alternativa” difficilmente poteva essere accolta in un’ottica come quella di Napolitano. Definita come “migliorista” (o, secondo la sua autodefinizione, “riformista”). Ancor oggi, qualche critico del suo patrocinio alle “larghe intese” non manca di rinfacciargli di aver portato alle estreme conseguenze una logica da “vecchio migliorista”. Viviamo, d’altra parte, un controverso passaggio storico. Quello che è iniziato, come Paolo Franchi sintetizza, con la “transizione verso il nulla”, dal 1992 in poi. Ed è singolare, nei tempi del “nuovismo”, che il compito di cercare una rotta per una barca a rischio di affondamento sia comunque toccato ad uno dei grandi protagonisti della storia della prima Repubblica. Una storia con cui, proprio nel momento in cui più profondo è il bisogno di innovazione della società, è giusto tornare a confrontarci. La “traversata” , dal dopoguerra - passando per la “guerra fredda”, il crollo del Muro, le promesse di rigenerazione seguite a “Tangentopoli”- fino alle secche della (mai nata?) “seconda” Repubblica, è ricostruita da Paolo Franchi partendo dalla ricca biografia di un uomo “totus politicus”. Che la l’iniziativa fiorentina dedicata al suo lavoro sia stata promossa (con il Consiglio Regionale), da due realtà dell’ associazionismo (“Testimonianze” e Fondazione Circolo Rosselli) vuol rappresentare anche un auspicio: che società civile e realtà della politica istituzionale, affrontando cambiamenti non dilazionabili , ritrovino una saldatura nella premura per il “bene comune” , cui l’autorevole Inquilino del Colle costantemente richiama.
Severino Saccardi
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