Buone occasioni per tenere le "finestre aperte sul mondo"
pubblicato su Stamptoscana.it il 21 novembre
Sguardo limpido e occhi chiari spalancati sull’immensità del cielo. Sono i tratti, sorprendentemente comuni, dell’ astrofisica Margherita Hack e di Don Pierluigi Di Piazza sulla copertina di un libro (pubblicato dalle Edizioni “Nuovadimensione”) davvero particolare. “Io credo”, il (bel) titolo. Il libro (un “dialogo fra un’atea e un prete”, curato dalla giornalista Marinella Chirico) verrà presentato Giovedì 22 Novembre, alle 17.30, alla Biblioteca delle Oblate in un incontro promosso dal Circolo “Vie Nuove” e dalla rivista “Testimonianze”.
L’incontro delle Oblate si inserisce in un “blocco” di iniziative che, da Giovedì a Domenica sera, porranno al centro, in vario modo, le questioni-cardine della cultura della convivenza, della pace, dei diritti umani nel mondo.
Don Pierluigi Di Piazza (che con un’inossidabile non credente come Margherita Hack trova decisivi punti di convergenza nella difesa della laicità, nell’ apertura all’ “altro”e nell’opposizione ad ogni forma di dogmatismo) sarà anche uno dei protagonisti del Convegno di “Testimonianze”, dedicato ad Ernesto Balducci nel ventennale della scomparsa, ed intitolato, come quelli di una volta, “Se vuoi la pace prepara la pace”.
Al Convegno (che si apre Venerdì 23, alle ore 16.00, all’ auditorium S. Apollonia, in via S. Gallo 25/A) Pierluigi Di Piazza riandrà con la memoria (con altri relatori come Lucio Caracciolo, Marcello Flores, Maurizio Maggiani e Melita Richter) ad un trauma storico che segnò, esattamente venti anni fa, l’ Europa (apparentemente pacificata in seguito al crollo del Muro), che si trovò a fare i conti con l’emersione violenta del conflitto nella ex Jugoslavia. Fu quel crollo, apparentemente inaspettato anche se sostanzialmente “annunciato”, degli equilibri del “dopo Yalta” in un contesto di instabile convivenza fra le diverse componenti etniche e religiose, ad evidenziare la devastazione che può essere compiuta dall’ “imprenditoria politica” della paura e dall’utilizzazione strumentale della contrapposizione all’ “altro”. Una tragedia, oggi rimossa, sulle cui conseguenze è bene tornare a fare memoria. Fu nel cruciale, e ormai lontano, anno 1992 (un anno denso di eventi emblematici e drammatici, in Italia e fuori, da Tangentopoli alle stragi di Mafia, al martirio di Sarajevo e della Bosnia, cui la rivista di “Testimonianze” dedica il suo nuovo volume) che prese avvio, nella “terra di confine” del Friuli, il Centro di accoglienza “Ernesto Balducci”. Una realtà che si sviluppò proprio a partire dall’esigenza di offrire un ricovero, una parola di conforto, un’attestazione di vicinanza ai profughi che dal “mondo ex” (come lo definisce lo scrittore Predrag Matvejevic) della Jugoslavia fuggivano, cercando scampo da una tragedia che l’Europa non era preparata a comprendere né, tantomeno, a fronteggiare.
Tenere le finestre aperte sul mondo (è l’insegnamento di fondo di Ernesto Balducci) è, d’altra parte, oggi più che mai, un’avvertenza imprescindibile per non essere spiazzati dal corso nuovo degli eventi. Bisogna saper cogliere i “segni dei tempi”. C’è un mondo, quello della sponda sud del Mediterraneo, che i nostri pregiudizi e stereotipi volevano immobile e stagnante, che è stato scosso dal terremoto delle “rivoluzioni arabe” ( apparentemente imprevedibili, come lo fu a suo tempo l’Ottantanove) e che si è messo in cammino. Sono realtà che chiedono dialogo ed interlocuzione al “vecchio continente” europeo che, impigliato nelle secche della sua crisi interna, rischia di mancare ad un importante appuntamento con la storia.
Al “mondo in rivoluzione” delle società arabo-islamiche il Convegno di “Testimonianze” dedica una specifica sessione ( il 24 Novembre, ore 9.30, Palazzo Medici Riccardi) con interlocutori come Renzo Guolo (studioso del mondo islamico ed editorialista de “La Repubblica”) , la scrittrice e giornalista de “il Manifesto” Giuliana Sgrena, la sociologa di origine algerina Samia Kouider, il giornalista (irakeno) Erfan Rashid ed il vicepresidente del Senato Vannino Chiti. Nel pomeriggio (Palazzo Vecchio, ore 16.00), dopo il saluto del sindaco di Firenze, Matteo Renzi, il sindaco di Forlì, Roberto Balzani, l’assessore all’educazione del Comune di Firenze, Rosa Maria Di Giorgi , il demografo Massimo Livi Bacci e la sociologa Cecile Kasethu discuteranno della “sfida delle città” che, negli anni duemila, hanno da confrontarsi con il nuovo ruolo che il “mondo globale”, in maniera apparentemente paradossale, conferisce alle realtà locali. Realtà che direttamente dialogano fra loro proprio mentre stanno cambiando pelle e configurazione, avviandosi a divenire sempre più un mosaico di presenze, di identità e di culture che implica un confronto ravvicinato, aperto e coraggioso con il tema delle “nuove cittadinanze”. E’ anche su questioni come queste che si definisce il profilo dell’ Italia di domani e che ha il suo più impegnativo banco di prova una politica che ambisca davvero a riformarsi dalle fondamenta.
C’è un filo rosso e c’è un’intima connessione fra i diversi eventi che animeranno queste giornate fiorentine. Il Convegno di “Testimonianze” sarà aperto, Giovedì pomeriggio, da una riflessione del teologo Vito Mancuso sul “Vangelo della pace”. E Domenica sera (Chiesa di S. Stefano al Ponte Vecchio, ore 21), con un linguaggio ed un registro affatto diversi, ma con una profonda consonanza di intenti, la cantante di musica popolare Ginevra Di Marco terrà un concerto ( con la partecipazione straordinaria di Paolo Hendel, che leggerà brani di Ernesto Balducci) dal significativo titolo “L’amore non si canta”. E’ un canto di per sé, l’amore, quando lo si pratica e lo si fa vivere nella solidarietà e nel rinnovamento delle relazioni umane.
E’ in fondo il sentimento che, evidentemente, accomuna e rende così simile e chiaro lo sguardo del prete Pierluigi Di Piazza e dell’atea Margherita Hack. Che fissano ( sia pur con ispirazione assai diversa) il cielo, ma hanno nell’animo la premura per le cose del mondo. Mentre potenti venti di guerra (in una terra tormentata come quella mediorientale) tornano a soffiare è anche con iniziative come queste che Firenze conferma la sua vocazione di città della convivenza, della cultura dei diritti e della pace.
Severino Saccardi
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