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La promessa di Assisi
"Globalist", lunedi' 31 ottobre

E' illuminata di luce nuova, la Basilica di San Francesco, ad Assisi: quella del nuovo impianto ecologico, che è stato inaugurato durante la giornata ecumenica di riflessione, dialogo e preghiera per la pace voluta da papa Ratzinger e svoltasi pochi giorni addietro. Si era appena spenta, nei luoghi magici delle colline umbre, l'eco di un altro evento: quello legato al cinquantesimo anniversario della Marcia Perugina-Assisi. Un'iniziativa che fu lanciata, nei tempi della "guerra fredda" e dell'incubo nucleare, dall'umanesimo religioso e laico di Aldo Capitini. Ed a cui parteciparono, poi, grandi intellettuali come Franco Fortini.

Erano tempi in cui l'obiezione di coscienza al servizio militare era considerata un reato e veniva etichettata come viltà ed in cui dava scandalo, nella Firenze del "sindaco santo" Giorgio La Pira, la proiezione del film pacifista francese Autant-Lara, "Non uccidere". Per il rispetto dell'obiezione di coscienza avrebbero preso posizione, e sarebbero stati condannati in tribunale, padre Ernesto Balducci e Don Lorenzo Milani. Lacerazioni e dibattiti lontani, dei quali in tempi in cui non c'è più nemmeno l'esercito di leva fatichiamo ad intendere il senso. I motivi ideali di fondo che a quelle battaglie civili erano legati, tuttavia, ci parlano ancora. Sono più che mai attuali, in un'epoca così mutata, i temi della convivenza, della pace, dei diritti dell'uomo e della salvaguardia dell'ambiente (o del "creato", come si dice in linguaggio religioso).

Quella della Marcia Perugina-Assisi e quella dell'incontro ecumenico per la pace sono iniziative che, per riferimenti, impostazioni di fondo e rilevanza, hanno caratteristiche profondamente diverse fra loro. Comune è, però, la premura per la concordia della "famiglia umana", la giustizia e l'equità, la costruzione di un mondo pacificato e solidale. In comune esse hanno l'inserimento in un contesto che è, di per sé, denso di evocazioni e di suggestioni capaci di parlare a tutti: credenti cattolici e cristiani, credenti di diverse fedi, culture e religioni, agnostici e non credenti. Non è la prima volta che, nel segno di Francesco di Assisi, uomini appartenenti a realtà ideologiche e politiche diverse (ed anche contrapposte) hanno avuto occasione di ritrovarsi e di riconoscersi. Così fu a metà anni 50, in piena "era di Yalta", quando Giorgio La Pira, in occasione di un grande incontro dei sindaci di importanti città del mondo, condusse nella francescana Basilica di S. Croce a Firenze anche i sindaci di Mosca e di Pechino, capitali dell' "ateismo di stato".

Alle novità dell' incontro ecumenico che, pochi giorni fa, si è tenuto ad Assisi non è stato forse dato abbastanza risalto. La novità più importante, detto in termini essenziali, sta proprio nel fatto che l'incontro si sia tenuto e che sia stato fortemente voluto. Molto si era discusso, negli anni scorsi, di una forte diffidenza di Benedetto XVI nei confronti di un'iniziativa promossa clamorosamente, per la prima volta, da Wojtyla 25 anni fa e di cui sarebbe stato criticata l'impostazione troppo "orizzontale" e "sincretistica". Termini, tradotti in linguaggio corrente, starebbero ad indicare il carattere confuso ed indistinto fra le diverse identità culturali e religiose che ne verrebbe a risaltare.
I timori, invece, sembrano fugati. Va dato atto a Ratzinger (un papa talora non molto in sintonia con le componenti più "concilianti" e "progressive" dello stesso mondo ecclesiale) di un atto di evidente apertura spirituale e notevole lucidità intellettuale e culturale. Ha fatto ammenda, il papa (come talora aveva fatto il suo predecessore) delle colpe storiche dei cristiani in ordine alla "giustificazione" di violenze e di atti di intolleranza. Ha condannato guerra e terrorismo. Ha chiamato alla comune responsabilità delle religioni nella promozione del dialogo e dell'apertura all'altro.

Ha fatto un elogio, apparentemente singolare, dell' "agnosticismo". Mostrando così rispetto per l'identità di uomini e donne in ricerca ed in cammino. Se costoro cercano sinceramente e non trovano, ha detto, ciò è "anche responsabilità dei cristiani", che improvvisamente considerano Dio come una sorta di loro "proprietà". Il dialogo con i non credenti ( ricercato da uomini di chiesa come il card. Martini o come Mons. Ravasi) fa parte dell'orizzonte e rimanda al linguaggio più significativo del Concilio Vaticano II. Di dialogo fra le religioni e umanesimo non religioso ha parlato, ad Assisi, anche la filosofa Julia Kristeva. Che ha rimandato, con parole diverse, allo spirito del primo incontro di Assisi di 25 anni fa, quando con invocazioni suggestive esponenti di diversi credo confermarono il comune impegno (come dissero i buddisti) a "cacciare la miseria del mondo".

Padre Ernesto Balducci, che sull'impostazione del pontificato wojtyliano aveva non poche riserve critiche, apprezzò allora moltissimo quell'evento dell'ormai lontano 1986 che convocava religioni e culture al confronto non sull' "asse verticale" delle loro certezze dogmatiche ma sull' "asse orizzontale" della comune premura per la dignità umana. Con parole diverse ha detto, nell'incontro del 2011, Julia Kristeva: "L'incontro delle nostre diversità, qui ad Assisi, dimostra che l'ipotesi della distruzione non è l'unica possibile".

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