Laici e cattolici, distinzioni inutili
Il Firenze, 20 ottobre 2006
C’è un episodio che molto dice dei valori di cui si nutriva il rapporto fra Giorgio La Pira ed Ernesto Balducci. Quando il “sindaco santo” lo invitò a prendere in mano l’attività assistenziale della “San Vincenzo”, Balducci chiese il perché di quella scelta. E La Pira chiarì: “Perché lei è il prete meno clericale che io conosca”. Un prete non clericale. Pare una contraddizione in termini. Eppure, a Firenze, se ne sono visti non pochi. Erano formati alla scuola di Elia Dalla Costa. Il cardinale che, durante la visita di Hitler a Firenze, rifiutò di esporre paramenti solenni. Balducci, pur senza deflettere “dall’asse evangelico”, considerava la laicità come riferimento indiscutibile. Distingueva la religione (come dato sociologico) dalla forza vivificante della fede. E scriveva, provocatorio e incompreso, che la fede cancella il nome di Dio che la religione ha appena tracciato. La laicità è il marchio della Rivista da lui fondata in anni lontani (è vicino il cinquantennale):“Testimonianze” .
Che chi scrive ha l’onore e l’onere di dirigere. Una Rivista che si vuole“laica”, pur nella ribadita fedeltà alla sua matrice cristiana, essendo redatta da credenti e da non credenti ed operando una distinzione ferma fra dimensione religiosa e sfera politica.
Spesso usiamo un linguaggio arcaico. Distinguiamo, meccanicamente, fra “laici” e “cattolici”. Ma chi usa la qualifica di “laico” come sinonimo di “non credente”regala implicitamente chi ha convinzioni religiose al fronte della conservazione e dell’integralismo.
Non è un tema desueto quello della laicità. Esso allude anzi, tutt’oggi, a contraddizioni di portata planetaria. Con un’inedita distinzione di piani fra sentimento religioso e pluralistica convivenza culturale si misurano le comunità migranti, soprattutto quelle di fede islamica. E con la modernità e la laicità si vanno tormentosamente confrontando anche i Paesi islamici. Così in Iran, dove un’indomita società civile resiste alla politica repressiva della dirigenza teocratica. Come venne a
spiegarci mesi addietro, qui, in Toscana, l’iraniano Akbar Ganji. Musulmano praticante e democratico convinto. Forse il confronto di fondo non è tra “laici” e “cattolici”o fra “civiltà cristiana e occidentale” e “civiltà islamica”, ma tra chi scommette sulla cultura della convivenza e sulla democrazia e chi fomenta fanatismo e intolleranza.
Severino Saccardi
Direttore di “Testimonianze”
Consigliere regionale della Toscana
20 ottobre 2006
|