Il dossier dimenticato del passato prossimo...
Il Nuovo Corriere di Firenze, 23 marzo
La fiction televisiva (di una settimana fa) dedicata al grande sindacalista Giuseppe Di Vittorio non sempre brillava per rigore storiografico. Di Vittorio, comunista e, insieme, spirito libero, ebbe perplessità sul Patto Molotov-Ribbentropp fra URSS e Germania hitleriana. E visse, poi, un drammatico dissenso con Togliatti, al momento della repressione sovietica della rivoluzione ungherese, nel 1956. Ma, è stato notato, appare inverosimile una sua precoce difformità dalla linea staliniana della critica al “socialfascimo”, che equiparava i socialdemocratici ai nemici del proletariato. E tuttavia, lo sceneggiato su Di Vittorio ha dei meriti. Quello, intanto, di distanziarsi de trasmissioni che si caratterizzano per soporifera volgarità. E, poi, di aver posto implicitamente al grande pubblico un tema di evidente rilevanza: quello della memoria. C’è, ormai, poca conoscenza della storia. Chi siamo, collettivamente, e da dove veniamo ci è, spesso, ignoto. La storia controversa del “secolo breve” (a cui appartengono vicende come quella di Di Vittorio) è chiusa in un libro consegnato all’oblio. Le immagini televisive relative ai “cafoni” in lotta, alla violenza fascista, alla guerra, alla costruzione della Repubblica suscitano risonanze non solo emozionali. Invitano a riscoprire il carattere drammatico, ma anche fecondo, del cammino fin qui percorso. Un cammino che ai giovani è generalmente sconosciuto. Vengono in mente le parole, sconcertanti e sincere, di una giovane attrice, che recitò , alcuni anni fa, in un film dedicato al “caso Moro”. Del quale disse, più o meno: “ E’ una vicenda in cui mi sono immedesimata, anche se per me era come una storia dei tempi di Giulio Cesare”. Come ammoniva lo scrittore Franco Fortini, “verrà il tempo in cui dovremo rubare le ore al sonno perfino per conoscere il nostro passato prossimo”.
E’, certamente, questo, il tempo di un recupero del senso della nostra storia per ridare spessore ai progetti per il domani.
Severino Saccardi |