“Sono figlio di campesinos, perché vengo da una famiglia del sottoproletariato toscano (…) in cui il problema principale era come sbarcare il lunario, oscillando fra miniere e Maremma”. Le parole di Ernesto Balducci sono state evocate Venerdì scorso, durante la conferenza stampa sull’intitolazione di una piazzetta di Lima (Perù) al fondatore di “Testimonianze”. Balducci ( prete e, insieme, pensatore “laico”) ha legato il suo nome all’ “uomo planetario”, una prospettiva ideale in cui le differenze culturali non sbiadiscono, ma trovano un significato nuovo nell’interazione fra diversi in una società “plurale” . I partecipanti all’incontro (il vicepresidente del Consiglio Regionale, Starnini, il sindaco di Santa Fiora, paese natale di Balducci, Renzo Verdi, Sergio Pinciani, dell’ Onlus “Solidarietà in movimento”, il console del Perù, Walter Negreiros e chi scrive) hanno sottolineato il valore simbolico della cerimonia del prossimo 21 Aprile nella capitale peruviana, in un sobborgo dall’ evocativo nome di Tupac Amaru. Ernesto Balducci, un grande cittadino toscano, il cui percorso è stato connotato dall’ impegno per la pace e i diritti umani, si considerava idealmente  “uomo del sud del mondo”. Tenerissimo era il rapporto che egli aveva con un nipote adottivo di origine latinoamericana. Di quel mondo, fitto di privazioni, eppur desideroso di emergere, si sentiva, in qualche modo, di far parte.  Chiamava i minatori di Santa Fiora “ la mia tribù amiatina”, come se parlasse di un villaggio di indios o di un borgo di campesinos. Fra le intitolazioni dedicate al suo nome, quella di Lima (nata nell’interazione fra  popolazione locale e la Onlus toscana “Solidarietà in movimento) gli sarebbe piaciuta sopra ogni altra. Lo spazio che, a Tupac Amaru, recherà il suo nome non è una piazza monumentale: è soprattutto un campo di gioco ( “Campo Ernesto Balducci”) in cui correranno i bambini poveri, immagine del possibile futuro del continente latinoamericano e del mondo.

Severino Saccardi