Un umanista turco a Firenze
Il Nuovo Corriere di Firenze, 18 maggio 2009
Qualche giorno fa l’Università di Firenze ha insignito lo scrittore turco Orhan Pamuk, premio Nobel della letteratura, della laurea honoris causa. Pamuk è intervenuto con leggerezza di toni e profondità di argomentazioni. Parlando di Firenze e ricordando quando, alcuni anni fa ( “dopo un’ora e mezza di fila” con la figlioletta saltellante), ha visitato gli Uffizi. In quei ritratti di signori rinascimentali, nei tratti dei santi e delle madonne, nello studio di profili e figure umane era evidente la ricerca sul tema dell’ individualità. Il vero elemento distintivo della tradizione umanistica occidentale, che a Firenze è espresso in un patrimonio che appartiene all’umanità. Anche l’islam e l’ Oriente sono depositari di una grande tradizione artistica e culturale. La ricchezza delle miniature e dell’arte decorativa, di cui i libri di Pamuk parlano, ne rendono testimonianza. Ma è una tradizione in cui la dimensione dell’individualità non appare. Oriente e Occidente. Culture diverse che devono imparare ad interagire. Istanbul, porta sull’ Oriente e ponte fra islam e Occidente, è l’embema di una sfida. Viviamo nell’epoca delle identità sfaccettate e molteplici. Pamuk stesso, intellettuale innamorato del Rinascimento europeo e cantore delle memorie turco- islamiche, consegna alle sue pagine dilemmi e lacerazioni di un’identità bifronte. Una ricerca inquieta e feconda. Che ha bisogno, tuttavia, di vivere in libertà. Le notizie, provenienti da Istanbul, sulla riproposizione della vecchia accusa a Pamuk di aver offeso la Nazione turca per aver parlato apertamente, anni fa, del genocidio degli armeni, rappresentano un pessimo segnale. La solidarietà al grande scrittore turco ( espressa, già nel 2005, anche dal nostro Consiglio Regionale) è immediata e dovuta. Il dialogo fra identità e culture, cui un paese-ponte come la Turchia ed una città-simbolo come Istanbul possono grandemente contribuire, deve fare i conti con la storia per aprire le porte al futuro.
Severino Saccardi
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