Strane contrapposizioni
Il Firenze, 14 maggio 2007
Abitiamo un Paese che vive di strane, e improprie, contrapposizioni. C’ è una sorta di “pensiero dualistico” che tende, perverso e indefesso, a riproporsi e a prosperare in un quadro desolante di problemi insoluti. Significativo è, in merito, il dibattito su un tema vitale e scottante come quello della legalità e della sicurezza. In una società democraticamente evoluta e moderna, va da sé che il principio di legalità dovrebbe valere a tutti i livelli. In alto e in basso. Al centro e nei livelli periferici.
Come è ovvio, in un articolato e consapevole sistema di convivenza sociale. Ma è evidente non solo che così non è, ma che tale elementare principio è ben lontano dall’essere assunto nella mentalità corrente. Il problema, si dice, è sempre altrove. L’illegalità è sempre da cercare ad un altro livello.
Dispiace dirlo: è uno dei guasti che, in mezzo ad una miriade di cose buone (come la ricerca della giustizia sociale e l’interesse non privatistico per la dimensione pubblica) si è prodotto a ridosso del Sessantotto e dintorni. Come recitavano i volantini dell’epoca (che un certo “antagonismo” instancabilmente riproduce), la vera violenza e la vera illegalità sono quelle “dei padroni” e delle classi dominanti. Intendiamoci: non è che l’illegalità, la non osservanza delle regole, il privilegio impunito e l’insensibilità civile (talora coperte da retorica dissimulazione e ipocrisia) non abbondino ai “piani alti” della società.Anzi: ne costituiscono uno dei mali di fondo. C’è un costume, di antica radice, che fa prosperare, fra i potenti, irresponsabilità etica e mentalità da sepolcri imbiancati. La strada per il raggiungimento di una “normale” modernità avanzata passa anche per l’abbattimento di questa deprecabile mentalità (e pratica di vita). Ma tale constatazione non può, ovviamente, costituire un’attenuante o comportare una sorta di implicito salvacondotto per la minuta e diffusissima indifferenza per la legalità che si respira in troppi ambiti della nostra società e in troppi ambienti delle nostre città. Giunge fin troppo tardiva la consapevolezza che quelli della sicurezza e del buon vivere siano, insomma, tutt’altro che temi “di destra”. La città ordinata, libera da rumori molesti, dal degrado e dallo spaccio non è, come si legge in qualche disarmante e anacronistico messaggio murale, “un mortorio”. E’, per tutti, un contesto in cui costruire forme di più avanzata convivenza. Certo, quello nostalgicamente “antagonistico” o “alternativo”, non è l’unico tipo di pensiero “dualistico” con cui fare i conti. C’è anche quello, assai pericoloso e ben diffuso nel senso comune e nella “maggioranza silenziosa”, per cui illegalità e degrado sono solo sinonimo di immigrazione, presenza degli stranieri, diversità di mentalità, identità e cultura. Come cultura della cittadinanza e dei diritti, politica dell’accoglienza e cultura della legalità non potessero (e non dovessero), nella
società complessa in cui viviamo, combinarsi e interagire fecondamente.
Legalità, sicurezza, rispetto delle regole sono da imporre a tutti i livelli: nelle “stanze dei bottoni”, del potere, del privilegio e dei troppi estesi conflitti di interesse, negli ambienti di lavoro (dove scandalosamente e drammaticamente sono disattese le norme sulla sicurezza) e anche nelle strade e nei quartieri delle nostre città. Dove i comuni cittadini devono essere protetti dal degrado, dalla sporcizia e dalla micro (o macro) criminalità. E’ l’uovo di Colombo che, al di là delle cortine fumogene di contrapposte rappresentazioni ideologiche,in questo inizio di millennio, una matura
cultura della convivenza è pronta infine per scoprire.
Severino Saccardi
Direttore di "Testimonianze"
Consigliere regionale della Toscana |