La polifonia delle culture
Il Corriere di Firenze, 8 settembre 2008
Una cupola verderame fra i tetti di Firenze. Dal secondo Ottocento, la Sinagoga testimonia lo storico insediamento della comunità ebraica in città . Per chi la frequenta, essa è, semplicemente, “il tempio”. Ieri, i locali del “tempio” erano aperti. Per la “giornata della cultura ebraica”. A varcarne la soglia- chi scrive era presente per la Regione Toscana- vengono in mente tante cose. Come l’espressione di papa Wojtyla che chiamava gli ebrei “fratelli maggiori”. “Fratelli maggiori” gli ebrei lo sono, per i cristiani, per le comuni radici nella fede. Per tutti, essi rappresentano un antico elemento di pluralismo culturale. Gli ebrei sono stati ora tollerati, ora perseguitati. Fu Carlo Alberto a decretare (1848) l’ emancipazione di ebrei e valdesi. E fu nel clima post-risorgimentale che fu costruito il “tempio” a Firenze. Fu poi il successivo “secolo breve” a cancellare tragicamente il positivo ricordo di quell’ epoca, con le leggi razziali e, poi, con la Shoah. Alla Sinagoga, ricordo, anni fa, la cerimonia per commemorare Rabin. Appena assassinato, insieme al suo sogno di pace. Con Israele gli ebrei di tutto il mondo hanno un forte legame. Ma bisogna distinguere fra i termini, non equivalenti, di “ebreo”, “israeliano”, “sionista”. Come ammonisce lo scrittore Yehoshua.
Sono molte le pagine di dolore nella storia ebraica. Ma quella ebraica è, anche, una cultura che ha il senso della festa. E la “giornata della cultura ebraica” è una festa. Il tema di quest’anno è particolarissimo: Parole e Musica.
La musica testimonia, insieme, delle specifiche identità (come quella che si esprime con i canti ebraici e la musica klezmer) e dell’universale capacità di intendere suoni, armonie e melodie. E’ il linguaggio delle particolarità ed è un linguaggio universale, la musica. Dunque, un linguaggio di pace.
Come e più delle parole, serve a ricordarci i problemi, ma anche la ricchezza di motivi della polifonia delle culture di cui si compone la nostra società. |