E’ difficile descrivere quanto è avvenuto, Venerdì pomeriggio, all’Istituto penale di
Sollicciano. In cui chi scrive, con il collega in Consiglio regionale Enzo Brogi, si è
recato insieme al presentatore e cantante Pupo. Che ha mostrato una stoffa umana
inimmaginabile nel personaggio da “spettacolo leggero” cui la sua immagine è, talora, associata. Sul palco del Cinema del carcere ha ricordato che nella vita tutti possiamo sbagliare (attribuendo a se medesimo non pochi errori), anche se poi c’è chi paga e chi ha la sorte privilegiata di non pagare. Ha cantato, in tema, un suo motivo giovanile:”Vivevo in mezzo ai guai (….) Non mi arrendevo mai”. I protagonisti
dell’incontro sono stati i detenuti stessi con uno spettacolo in cui recitavano, insieme,
reclusi della sezione maschile e della sezione femminile. Lo spettacolo, un musical
ironico e commovente ispirato a Pretty Woman, è stato realizzato grazie alla Scuola
carceraria e all’ Arci, con la direzione di Massimo Altomare. Con risultati sorprendenti.
Che hanno consentito ai giovani artisti-reclusi(in maggioranza di origine straniera) di
esibirsi con grande padronanza della lingua italiana. Uomini e donne di diversa
provenienza culturale hanno saputo rendere visibile, con un tocco di insospettabile
grazia e di immedesimazione, il valore simbolico che il tenero amore finalmente
sbocciato fra il cliente e la prostituta-pretty woman andava, in quel contesto, assumendo.
Come rappresentazione di rinnovati orizzonti. Oltre la condizione del carcere.
Quando un giovane maghrebino ha intonato un motivo in arabo oltereché in italiano
ha dato evidenza a quel che potrebbero essere, perfino nella realtà delle istituzioni
segreganti, elementi per una “buona globalizzazione”, fatta di convivenza fra culture.
Pupo ha chiuso, cantando Don Raffaè (di De André). E, poi, intonando :“Su di noi/ Nemmeno una nuvola”. Con parole e musica che sembravano assumere la forza
insperata di una promessa.

Severino Saccardi
Direttore di “Testimonianze”
Consigliere regionale della Toscana